Il fiume Acate o Dirillo
Il confine occidentale della provincia di Ragusa è delimitato dal fiume Acate o Dirillo, che inizia il suo corso nei pressi di Vizzini, e termina nella zona dei Macconi, nei pressi di Acate. Nel tratto in cui attraversa la provincia di Ragusa è possibile rinvenire tratti residui di bosco con querce da sughero, pioppi, frassini, lentischi e la quercia spinosa. Nel tratto terminale, in passato, il fiume attraversava nei pressi della foce aree pantanose in mezzo a giunchi e cannagiole, superando imponenti dune di sabbia finissima, i Macconi.
Questa spiaggia era frequentata abitualmente dalla tartaruga marina caretta caretta per l’ovodeposizione. In passato il retroduna era occupato da un’area umida, che oltre alla vegetazione di particolare interesse, ospitava l’avifauna migratoria. Pare che lo stesso corso del fiume consentisse agli stormi di anatidi ed altri uccelli di passa, di orientare la loro rotta migratoria verso l’Europa settentrionale.
Il paesaggio che, oggi, appare subito dopo la stretta fascia costiera è rappresentato da estese coltivazioni in serra che, da una parte hanno consentito agli agricoltori un periodo di benessere economico ma dall’altro hanno sacrificato ambienti unici per la flora e la fauna.
Il Fiume Ippari
A pochi chilometri in linea d’aria dai Macconi troviamo la vallata del fiume Ippari lungo la quale è stata istituita dalla Regione Siciliana la R.N.O. “Pino d’Aleppo“, gestita dalla Provincia Regionale di Ragusa.
Questa Riserva ricade nei territori comunali di Vittoria, Comiso e Ragusa; venne istituita per ”…salvaguardare gli ultimi lembi di formazione autoctona di Pinus halepensis e di ricostruire la pineta nell’area a gariga degradata per azione antropica”.
La riserva ha una discreta estensione, circa 3000 ha. Di questi circa 850 ha in zona A, la rimanente in zona B. La zona A di questa riserva non è rappresentata da un solo nucleo ma da una serie di piccole aree di riserva circondate dalla preriserva (tipo macchia di leopardo).
Fin dall’antichità il territorio localizzato lungo la valle dell’Ippari, in particolare il fondovalle fu utilizzato per le attività agricole, grazie all’abbondante presenza di acqua. Pertanto il contesto sociale su cui si è inserita la riserva è discretamente antropizzato, considerato anche la notevole vicinanza dell’area protetta al centro urbano di Vittoria di cui lambisce la periferia.
I colli Tabuto, Sallia, Racello, Ciavole rappresentano gli ultimi contrafforti degli Iblei nel versante sud occidentale e proprio ai piedi di questi colli si trova il tratto iniziale del fiume Ippari che quasi scompare nell’abitato di Comiso. Nei pressi di Vittoria è possibile rinvenire nuovamente la valle fluviale con i ripidi pendii della contrada Martorina. Numerose sono le contrade attraversate da questo corso d’acqua: le contrade Mendolilli e Cappellaris caratterizzate dalla presenza di un substrato di gialle arenarie e trubi; la c.da Culobria o Culorva dove sugli affioramenti calcarei in passato si ergeva una maestosa pineta accompagnata dal corteggio del sottobosco con esemplari secolari di lentisco, mirto, rosmarino e sovente associati a lecci, olivastri e carrubi.
Superati i pendii della Colobria la valle si apre tra i Poggi Gerbe e Anguilla Fossone da un lato e Castelluccio, Musenna, Buffa e Tremolazza dall’altra; quindi il fiume si avvia verso il mare attraversando la c.da Salina. In passato, verso la foce, l’area era acquitrinosa a causa della formazione di estesi pantani retrodunali (Limne) e lungo la costa si ergevano imponenti dune di sabbia (Maccone del re) oramai scomparse. Ancora oggi, a causa della morfologia dei luoghi, si ha spesso l’interramento dell’alveo fluviale.
Dal punto di vista vegetazionale i pini d’Aleppo rappresentano l’aspetto più interessante della valle, insieme al suo sottobosco, che varia in funzione del suolo presente. Spesso, il pino si rinviene con il leccio, olivastri e carrubi. E’ stata ipotizzata l’origine autoctona della pineta, rappresentante ciò che rimane delle foreste planiziali di Santa Croce e di Vittoria.
Nella parte della bassa della vallata, verso il mare, a ridosso delle aree in passato occupate dai pantani retrodunali, si rinviene la quercia spinosa (Quercus coccifera).
Il corteggio delle piante presenti nei vari biotopi (ambiente ripariale, macchia mediterranea, gariga, aree residuali della più vasta area umida fociale) ospitano numerosissime specie. Recenti studi hanno permesso di censire ben 700 specie di piante diverse di cui alcune rappresentano delle rarità biologiche. Interessantissima è la presenza della muscari gussonei (o leopoldia gussonei), di varie specie di orchidee endemiche e di cisti.
La fauna presente è varia, anch’essa legata alla varietà di biotopi presenti nella riserva ed in particolare alla vegetazione. Studi promossi dall’Ente Gestore nell’area hanno permesso di censire ben 400 specie diverse: tra queste un ruolo di primaria importanza hanno gli uccelli sia stanziali che migratori provenienti dalla vicina Africa. Notevole è, anche, la presenza di Invertebrati dall’interessante significato ecologico e biogeografico.
Cava Randello
La Cava Randello, situata a sud est della Riserva Pino d’Aleppo, conserva almeno nella parte utilizzata in passato come riserva di caccia, la caratteristica vegetazione dell’area. Sono state segnalate specie endemiche quale muscari gussonei e la quercia spinosa (quercus coccifera). I bordi della cava sono popolati da lentischi, cisti, lecci, olivastri mirti, piante aromatiche, efedra, palma nana, scilla, narcisi, orchidee.
In particolare, per quest’ultime sono state segnalate 23 taxa e 4 nototaxa. Tra gli endemismi siciliani sono state rinvenute: orchis commutata, ophrys discors e ophrys lunulata, quest’ultima specie rara e protetta con la Convenzione di Washington.
La valle dell’Irminio e le cave tributarie
L’Irminio è il fiume più lungo della provincia. Sull’origine del suo nome sono state fatte varie ipotesi, attribuendolo a divinità o a personaggi mitici o a fatti storici. Lo storico Solarino ritiene che il nome sia di origine semitica e significhi “schiere di monti sovrastanti o dossi sporgenti in fuori” richiamando il tipico paesaggio della valle del fiume. E’ sempre stato un fiume di piccole dimensioni ma in passato doveva essere caratterizzato da una maggiore copiosità delle acque che lo rendevano navigabile, probabilmente con barconi a fondo piatto fino all’antica Ceratanum (l’attuale Giarratana).
La valle dell’Irminio ha origine con i dirupi dei monti della cava, ai piedi delle scarpate di Terravecchia e di Gragliano alla confluenza delle acque provenienti dalle sorgenti primarie (Favara e del Fico) nei pressi della cima del Monte Lauro.
Dopo un iniziale percorso in una valle dai fianchi stretti e rocciosi, prosegue nei Margi di Giarratana, dove riceve le acque del torrente Cuccovio.
Nei pressi di Giarratana, negli anni settanta è stato realizzato uno sbarramento che ha determinato la creazione di un invaso: la diga di S. Rosalia. L’acqua ha sommerso una vasta area un tempo abitata e spesso nei periodi di maggiore secca è possibile vedere emergere i resti dei casolari sommersi.
Il fiume, dopo la diga, prosegue fino a passo della palma percorrendo una valle profonda e sinuosa. I fianchi appaiono denudati, contrastando con il fondovalle dove si rinviene una fitta e ricca vegetazione.
Dopo passo della Palma l’Irminio lascia le strette gole fra le cave selvagge della Buglia e S. Paolina ed imbocca lento il bassopiano di origine alluvionale che dalle pendici delle c.de Castellana, Eredità e Cancelli raggiunge gli arenili di Marina di Ragusa, di Gravina e Playa grande.
Alla forgia di Scicli le acque del fiume si mescolano alle acque salse e calde del Mar Mediterraneo e danno vita, seppure per un breve tratto a una rigogliosa vegetazione che ospita varie specie di mammiferi (martora, donnola, volpe, coniglio), di rettili (biacco, ramarri) ed uccelli.
La foce del fiume Irminio, in passato, fino all’alto Medioevo, era un porto canale; successivamente si è insabbiata e sulle dune si è impiantata la caratteristica vegetazione a “macchia foresta” che dal 1981 è stata protetta con l’istituzione da parte della Regione Siciliana della Riserva Naturale Speciale Biologica “macchia foresta del fiume Irminio”.
Le cave in generale per le buone condizioni microclimatiche, nonché spesso per l’inaccessibilità dei luoghi rappresentano siti dove sia la vegetazione che la fauna hanno potuto evolversi senza eccessivi interventi di disturbo da parte dell’Uomo.
Nella valle dell’Irminio e nelle sue cave tributarie, soprattutto dove la valle è più stretta ed angusta è possibile osservare l’ordinata disposizione spaziale della flora ripariale: immerse nell’acqua, ai bordi dell’alveo fluviale si trovano le cannagiole e le tife; sul greto, spesso soggetto alle inondazioni dei periodi di piena, si trovano i salici pedicellati; più all’interno i pioppi neri e i platani orientali.
Il platano orientale è spontaneo lungo l’Irminio e spesso è l’albero predominante. Per secoli il suo legno è servito per la costruzione dei carri agricoli del ragusano. I Platani vanno diradandosi verso la foce cedendo il posto alle acacie, alle tamerici ed ad un esteso Canneto. Il Frassino (sia l’exelsior che l’ornus) è ben rappresentato lungo la valle insieme a noci e bagolari.
La fauna ospitata nelle acque del fiume è molto interessante così come le specie di vertebrati ed invertebrati presenti nei vari biotopi terrestri.
Nel suo corso il fiume Irminio riceve le acque di vari torrenti immissari, che, a loro volta, hanno formato con l’erosione una serie di cave , profonde e selvagge, che tagliano nei vari sensi il tavolato ibleo essendo impostate sulle faglie che caratterizzano tettonicamente il comprensorio.
Nel tratto submontano si trovano le cave di Calaforno, Volpe, Gria, Mastratto, Ciaramiti e S. Leonardo.
Queste cave, tranne ove si è intervenuti con rimboschimenti forestali, si presentano in prevalenza con fianchi spogli e ricoperti da ampelodesma. Nel fondovalle, lungo il greto dei torrenti, gli alberi spontanei si trovano insieme a quelli coltivati dall’Uomo in un inconsueto intrico: pioppi, platani orientali, noci, bagolari, melograni, olmi, sambuchi, canne.
Cava Volpe è la più lunga ed nel tratto terminale, in c.da S. Filippo, si rinvengono gruppetti di vecchi allori frammisti a roverelle.
Le cave tributarie dell’Irminio del tratto collinare subcostiero sono caratterizzate dalla presenza dell’Ampelodesma e dalle specie tipiche della gariga : timo, palma nana, teucro fruticoso, agli selvatici, liliacee, scille, asfodeli e nelle aree più degradate Euforbie dendroidi. I fondovalle sono spesso asciutti e pietrosi, la presenza di specie arboree è limitata a qualche carrubo, olivastro e ad esemplari di palma nana. La cava Cupa della Buglia fa eccezione in quanto persistono porzioni di antiche Leccete con sottobosco di lentisco, terebinto, palme nane ed altre specie tipiche della macchia mediterranea.
La valle del fiume Irminio, oltre passo della Palma, segue il corso del fiume solo su un fianco, dove si trovano le modeste alture di c.da Maestro; sul lato destro si trova la piana di Gravina, un tempo area umida, oggi colmata e coltivata.
Alla foce è stata istituita da parte della Regione Siciliana la Riserva Naturale “Macchia foresta del fiume Irminio”, gestita dalla Provincia Regionale di Ragusa, al fine di “…di salvaguardare la biocenosi della zona costiera, la serie dinamica della vegetazione culminante nella rarissime espressioni di macchia foresta del sopra e del retro duna, nonché l’ecosistema ripariale del fiume Irminio”.
In quest’area protetta vengono salvaguardati sia i biotopi costieri presenti, le piccole falesie di c.da Maulli che i cordoni dunali di c.da Gravina su cui si è insediata la caratteristica vegetazione a macchia foresta, sia l’ecosistema ripariale della foce del fiume Irminio.
La riserva ha un’estensione totale di circa 160 ettari tra zona A e B. Si tratta di un ecosistema molto delicato in quanto la sua vicinanza a centri abitati (Marina di Ragusa e Playa Grande) altamente antropizzati e a vocazione turistica, potrebbe influenzarla negativamente determinando alterazioni irrevocabili.
La riserva ricade nei territori comunali di Ragusa e Scicli ed ha un’estensione di circa 160 ettari tra area di riserva (zona A) e area di preriserva (zona B).
Il corso del fiume Irminio ha rappresentato nell’antichità il veicolo e il percorso più rapido per collegare i territori interni con la costa, da sempre luogo dove avvenivano gli scambi commerciali. A conferma dell’intensa attività presente nell’area fin dai tempi preistorici sono stati rinvenute varie testimonianze, quali il sito preistorico di Fontana Nuova; la fattoria delle api, antico centro di lavorazione del miele di satra, ossia del timo; il sito greco arcaico del maestro.
Risulta, infatti che la foce è stata utilizzata come porto canale dal periodo Greco arcaico fino all’alto Medioevo.
Fino a tale epoca il regime idrico del fiume era regolato dalla presenza di boschi lungo il suo corso. Infatti, Idrisi cita un folto bosco, “Bennit”, per l’alto corso dell’Irminio, mentre in epoche successive sul medio corso del fiume viene citato un bosco con il nome di “Silva Suri”.
Successivamente questi boschi vennero tagliati per utilizzarne il legno ed anche per recuperare terreni all’agricoltura, il regime del fiume divenne torrentizio, si verificano piene improvvise e alla foce si accumularono i detriti trasportati dal fiume. La conseguenza di tutto ciò fu il lento ed inesorabile insabbiamento della foce che ha portato alla morfologia attuale con la formazione del cordone dunale su cui si è insediata la caratteristica vegetazione. Al termine di questo cordone dunale la costa si innalza con le piccole falesie a pareti verticali di c.da Maulli.
La vegetazione presente sulle dune è rappresentata da associazioni vegetazionali tipiche della macchia mediterranea che ha assunto uno sviluppo tale da poter essere considerata una foresta. Osservando la vegetazione a partire dalla battigia fino all’inizio delle prime dune sono presenti piante definite pioniere per la loro capacità di colonizzare ambienti estremi come le spiagge sabbiose, come il giglio di mare (pancratium maritimum), l’eringio marino (eringium maritimum) la calcatreppola (calcatreppola maritima). Avvicinandosi alle dune consolidate si rinviene il ravastrello comune (cakile maritima) .
Le dune consolidate sono caratterizzate dalla presenza di associazioni vegetali evolute culminanti nella presenza di esemplari secolari di ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus ssp.macrocarpa) in conformazione bassa o prostrata, spesso frammisto all’ efedra fragile (ephedra fragilis).
In posizione leggermente più arretrata si trovano esemplari di lentisco (pistacia lentiscus) di notevoli dimensioni e la spina santa insulare (lycium intricatum). Tali arbusti e piccoli alberi sono tipici delle zone sabbiose e concorrono alla stabilizzazione delle dune. Insieme ad esse troviamo altre piante tipiche della macchia foresta come il thè siciliano (prasium majus), l’asparago (asparagus aphillus, asparagus acutifolis), la brionia (brionia sicula), l’artemisa (arthemisia arborescens), le tamerici (tamerix gallica, tamerix africana).
Nel retroduna è possibile trovare il fiordaliso delle spiagge (centaurea sphaerocephala) e l’ononide (ononis ramosissima).
Avvicinandosi al fiume e intorno alla foce, la vegetazione cambia assumendo le caratteristiche tipiche delle aree paludose con la cannuccia di palude (phragmites australis), il giunco pungente (juncus acutus), le tamerici (tamerix gallica, tamerix africana).
Lungo il fiume è presente la vegetazione riparia con alberi di salice, pioppo. I platani orientali non sono più presenti in quanto prediligono i suoli calcarei e rifuggono da quelli silicei o sabbiosi.
Dove la costa si innalza formando piccole falesie si rinvengono numerosi esemplari di palma nana (chamaerops humilis) e timo arbustivo (thymus capitatus).
Specie esotiche ed infestanti come il tabacco bianco (nicotiana glauca), eucaliptus sp., canna (arundo donax), sono presenti in aree che in passato erano coltivate.
Per quanto riguarda la fauna sono presenti rappresentanti di ogni classe sia dei vertebrati che degli invertebrati ma ciò che attira maggiormente l’attenzione sono gli uccelli, in particolare le specie migratorie provenienti dalla vicina Africa, che utilizzano quest’area per riposarsi e rifocillarsi dopo aver attraversato il mar Mediterraneo.
Nelle calme acque del fiume alla foce, è presente un discreto numero di specie diverse di pesci. Anche tra gli animali sono presenti alcune specie esotiche, incoscientemente, introdotte da parte di ignoti, quali la nutria (myocastor coypus), il cinghiale (sus scrofa) e la testuggine guance rosse ( trachemys scripta).
Nell’area protetta, l’Ente Gestore, tra le varie attività di gestione, ha valorizzato la fruizione e la divulgazione dei beni naturali, nonché ha promosso ricerche scientifiche finalizzate alla migliore conoscenza della biodiversità e del patrimonio naturale della riserva.
Numerosi sono stati infatti i progetti di ricerca che l’Ente Gestore ha autorizzato, sia su iniziativa di privati (tesi di laurea, studi personali, e quant’altro) che per ricerche di organismi scientifici, quali Università o per studi promossi dallo stesso Ente Gestore.
Nella riserva, lo sviluppo sostenibile cioè il mutamento del sistema socio economico compatibile con l’obiettivo della conservazione della natura, è orientato verso l’informazione e la divulgazione dei beni naturali della Riserva. Numerose sono le scolaresche ed i gruppi che visitano la riserva per conoscere i peculiari aspetti naturalistici dell’area e a tal proposito l’Ente Gestore ha realizzato numerosi supporti didattici ed audiovisivi e predisposto sentieri didattici.
La fiumara di Modica e Scicli
Tra l’Irminio e il Tellaro si trova la cava della Fiumara di Modica e Scicli, che raccoglie le acque da due bracci montani, uno detto Pozzo dei Pruni e l’altro cava Janni Mauro. I due bracci confluiscono ed attraversano l’abitato di Modica e di Scicli ricevendo le acque di piccoli affluenti tra cui quelle delle cave S. Maria La Nova e San Bartolomeo. Alla foce, in passato, il fiume formava un’interessante area umida, di cui oggi esiste un’area residua.
La fiumara di Modica e Scicli per quasi tutto il suo corso, fino a Scicli scorre tra alte e nudi rupi dove oltre all’interessante vegetazione che caratterizza tali gole, è presente fauna di rilievo che in tali aree trova rifugio e condizioni ideali di vita.
Il Tellesimo
Un sito di particolare bellezza dal punto di vista naturalistico è la Cava del Tellesimo. Originatasi, come tutte le cave del comprensorio ibleo da una frattura su cui l’erosione millenaria delle acque ha operato una profonda incisione. Si tratta dell’unico corso d’acqua che non segue la disposizione a raggiera dell’idrografia ragusana: infatti, non sfocia nel Mar mediterraneo ma nel fiume Tellaro.
La Cava inizia da c.da Bellocozzo, alla confluenza dei pendii dei colli Castigo di Dio e Cozzo di Manzio e termina, dopo un corso di circa 15 Km, in c.da Taverna, confluendo nella valle del Tellaro attraverso la stretta cava del Cugno.
Il torrente con la sua forte azione erosiva ha creato numerose marmitte e conche, denominate “urve”. Nella parte iniziale della cava le formazioni rocciose delle pareti essendo quasi perfettamente verticali presentano una vegetazione povera e discontinua. La dissoluzione delle rocce ampiamente fessurizzate ha creato sul fondo delle gole un suolo residuo che ha permesso l’instaurarsi di una folta vegetazione con carrubi selvatici, olivastri, corbezzoli, ligustri e fichi selvatici. E’ possibile trovare numerose piante aromatiche: timo, nepitella, mentuccia, origano o altre specie tipiche dell’area mediterranea: palma nana, teucrio, ofridi.
Ai piedi dei dirupi e lungo le ripe del torrente la vegetazione è lussureggiante con platani orientali, salici, frassini, bagolari, nonché la tipica vegetazione da sottobosco con rovi, edere, smilaci.
Nelle acque del Tellesimo vive la trota macrostigma, un endemismo ibleo che ancora sopravvive malgrado il rischio di ibridazione con altre specie, oltre alle anguille, alla tinca e a vari anfibi (rana verde, rana comune, raganella); sulla terra ferma si rinvengono rettili (tartaruga terrestre, geco, ramarro, biscia, colubro leopardiano, biacco, cervone). Tra i mammiferi si rinviene la martora, conigli, riccio, donnola, istrice. Tra gli uccelli (tortora, colombi, martin pescatore, cuculo, ghiandaia, beccacce, falchi, poiane, corvi e molti altri.
Il fiume Tellaro
Quasi a bordura delle terre orientali del ragusano, nell’ampia vallata dominata dai contrafforti di Palazzolo Acreide , fino all’imbocco della Val di Noto, scorre il Tellaro. Questo fiume fa parte dell’idrografia della provincia nelle sue origini e nel suo corso superiore. Nasce dal Monte lauro e nel tratto ragusano riceve le acque dei torrenti Muscia, Montesano, Gisira e del Tellesimo.
La valle del Tellaro è ampia e rigogliosa e i pendii delle colline soprastanti sono per lo più dolci e uniformi interrotti solo dai solchi di deflusso delle acque dove si addensa la vegetazione riparia.
Le acque del fiume sono limpide e chiare nel corso superiore mentre diventano prima torbide e biancastre e poi limacciose e verdastre sia per la natura dei terreni attraversati che per la presenza di vegetazione in decomposizione nelle anse stagnanti.
La valle è meno aspra di quella dell’Irminio e la vegetazione primitiva era costituita da ombrose selve di querce (cerri e roverelle) che si estendevano fino alla vicina valle dell’Anapo. Oggi è possibile osservare solo alcuni esemplari sparsi di roverelle o qualche cerro abbarbicato in zone impervie.
Cava d’Ispica
La Cava d’Ispica è un vero gioiello sia dal punto di vista storico-archeologico che naturalistico. Essa, infatti, è nota per l’esistenza di abitazioni trogloditiche e necropoli rupestri , ma possiede scorci e panorami di estrema suggestione ed aspetti naturalistici peculiari ed interessanti.
La cava, stretta e lunga 13 chilometri, è solcata da corso d’acqua spesso in secca, il Busaitone o Serramontone; lungo il torrente e sulle basse pendici è presente una fitta vegetazione arborea di ripa con platani orientali, pioppi, salici frammisti ad oleandri, sambuchi e bagolari. Sulle pareti rocciose è presente una fitta vegetazione rappresentata da capperi, fichi selvatici, edera e clematidi. E’ presente anche il trachelio siciliano, una campanulacea endemica.
Tra i rappresentanti più interessanti della fauna è segnalata la presenza della Martora.
Le acque del Serramontone, prima della bonifica delle paludi, alimentavano con il nome di Rio della Favara, i pantani Bruno e Gariffi. Oggi sono indotte a sfociare tra la spiaggia Pietre nere e S. Maria del Focallo.
L’Isola dei Porri
L’isola dei Porri è costituita da tre scogli ravvicinati la cui superficie è di appena 1000 mq. E’ stata inserita nel Piano Regionale Parchi e riserve come riserva integrale per la presenza dell’Allium ampeloprasum (porro). Sull’isola sono stati rinvenuti resti di scheletri umani risalenti probabilmente all’epoca in cui l’isola veniva usata come base dai pirati saraceni.
Il fondale marino circostante l’isola è caratterizzato da una prateria a Poseidonia oceanica ed è particolarmente suggestivo. Numerose specie animali e vegetali vivono nell’area: aragoste, saraghi, cernie, scorfani, murene, triglie di scoglio, ricciole, granchi, ricci.